Da “Tensegrità” di Carlos Castaneda

Una delle cose che più mi infastidivano era il fatto che don Juan Matus avrebbe potuto essere mio nonno, ma in realtà appariva molto più giovane di me. In confronto a lui, io apparivo rigido, pieno di pregiudizi, ripetitivo, in una parola senile. Lui era invece agile, pieno di inventiva e di risorse: in pratica possedeva la giovinezza, qualcosa di cui io, pur essendo giovane, ero del tutto sprovvisto. Si divertiva a ripetermi che l’età giovane non è sinonimo di giovinezza e non è affatto un deterrente alla senilità. Sottolineò il fatto che se osservavo gli altri uomini con attenzione e senza pregiudizi, mi sarei accorto che giunti all’età di vent’anni erano ormai senili e continuavano a ripetersi in maniera insensata.
“Com’è possibile, don Juan, che tu sia più giovane di me?” gli domandai.
“Ho sconfitto la mia mente”, mi rispose, spalancando gli occhi come se volesse mostrare il suo sbalordimento. “Non ho una mente che mi dice che è ora di diventare vecchio, e non rispetto accordi a cui non ho preso parte. Ricordati sempre che dichiarare di non rispettare gli accordi a cui non si è preso parte non è un semplice motto degli stregoni: essere afflitti dalla vecchiaia, per esempio, è uno di questi accordi”.
[…] Se da una parte rifiutavo con tutta la mia forza le sciocchezze che stava dicendo, dall’altra non potevo fare a meno di notare quanto fossero accurate le sue annotazioni. Don Juan era vecchio e al tempo stesso non lo era affatto, anzi, era addirittura più giovane di me. Era libero da pensieri ingombranti e modelli comportamentali, vagabondava per mondi incredibili ed era libero, mentre io ero imprigionato da pesanti modelli e abitudini di pensiero, oltre che da futili e meschine considerazioni su me stesso che, per la prima volta, capii non mi appartenevano affatto.
Da “Tensegrità” di Carlos Castaneda

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